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sabato 21 marzo 2015

PENSIERI E RIFLESSIONI



Capita a volte, in un momento di pausa, mentre stai seduto su una panchina ad osservare il mare o il cielo o entrambi, uniti dalla linea d'orizzonte, di riflettere su ciò che ti circonda, sulla vita, l'ambiente, le persone che ti vivono intorno. Vedi facce sconosciute che vanno e vengono, uomini, donne, vecchi che tengono per mano bambini, signore con le borse della spesa, gruppi di ragazzi allegri che scendono verso la spiaggia.


Poi, la mente, ad un certo punto si ferma e si focalizza su un pensiero che ti è balenato all'improvviso e che si pone davanti come il fotogramma di un film, come un fermo immagine. E ti chiedi: ma a che serve tutto questo? A che serve questo affanno dedicato alla crescita e l'educazione dei figli, alla ricerca ossessiva di un lavoro che ti garantisca la sussistenza, alla formazione di una famiglia, al desiderio legittimo di una vita felice, e infine la vecchiaia e il sopraggiungere inevitabile della morte che chiude il cerchio ?!


La nostra società non ci ha formati per farci domande di questo tipo e non ha alcun interesse a farlo. Siamo educati al consumismo fin dalla nascita con l'obbligo di non porci quesiti che non rientrino in quei temi tanto cari ad economisti, banchieri, lobby, holding e politici ad esse collegati. Spread, quotazioni, fluttuazioni, valuta, potere d'acquisto, produttività, competitività ecc. Termini che nascondono sfruttamento di interi popoli, depauperamento delle risorse naturali, inquinamento sconsiderato, cattiva politica, schiavitù.

Porsi domande sul mistero della morte assolutamente no, non è consentito. A questo ci pensano i preti e le loro iconografie che bastano e avanzano per tenere a freno le comunità più devote. Per quelle più recalcitranti ci pensa la polizia, che obbedisce agli ordini dei personaggi di cui sopra. La morte è quindi un tabù, trattata alla stregua della più grande delle maledizioni. Meno se ne parla meglio è  e quando è inevitabile meglio farlo sottovoce per non turbare le coscienze.
Educare alla morte perciò non è argomento di interesse, nonostante sia questo l'evento più importante nella vita di un uomo, ovvero l'ultimo viaggio verso l'ignoto. Dobbiamo invece pensare solo alla vita, possibilmente anche con l'illusione di arricchirci se ne abbiamo la fortuna e le capacità, meglio ancora  la destrezza. La vita intesa come trampolino per primeggiare, dove tutte le scorciatoie sono lecite, dove la meritocrazia del sapere è solo uno specchietto per poveri illusi. Una vita intesa come se non dovesse essere mai interrotta, rifuggendo da quel pensiero innominabile che tanto angoscia.

L'esistenza si è trasformata in  una lotta contro i nostri simili per la sopravvivenza, e chi è più furbo vince, chi non lo è perde. Con questi presupposti di valori inculcati e tramandati per generazioni, il trapasso sarà destinato a rendersi ancora più traumatico. Sarà accompagnato dalla certezza angosciante che si perderà tutto, beni, affetti, amicizie, e tutto ciò per cui si è lottato  una vita intera sarà ingoiato da un buco nero da cui non si riemergerà mai più per l'eternità. E soprattutto sarà la perdita di se stessi e della propria coscienza di esistere.
La convinzione di non esistere più sotto alcuna forma o coscienza consapevole, credo sia il più grande trauma che l'uomo contemporaneo è destinato a subire nel momento in cui si trova al cospetto con la morte.
E' strano come lo stesso atteggiamento non sia riservato a chi viene al mondo. In fondo è anche questa una morte, un passaggio da uno stato di benessere ad un'altro che lo è molto meno. E se parliamo di Inferno, quale miglior luogo per identificarlo se non quello creato dall'uomo stesso qui ed ora. Un paradiso terrestre trasformato in un inferno, da egli stesso, da colui che avrebbe dovuto essere l'utilizzatore finale. Nascere in questo contesto è come ritrovarsi nell'inferno di Dantesca memoria.

Le culture orientali, e specialmente  quella indiana hanno avuto da sempre un  atteggiamento diverso nei confronti della morte rispetto all'occidente, sia per tradizione millenaria che per consapevolezza.
Il Buddismo, ad esempio dà delle risposte chiare alle domande che l'uomo colto occidentale si pone, senza trincerarsi dietro dogmi fideistici. Traccia la via ed il metodo empirico per l'evoluzione spirituale dell'uomo che desidera  sviluppare ed accrescere la propria consapevolezza della "realtà". Sta poi a lui e alla sua volontà e costanza farlo lavorare su se stesso e sperimentare e misurarne i risultati.
La scoperta del divino è comunque un'esperienza assolutamente individuale che nessuna religione, confraternita o scuola iniziatica, compreso lo stesso sperimentatore  potranno mai trasmettere ad altri.

Nell'Occidente evoluto  e ipertecnologico  molti (e parlo anche di ricercatori scientifici e filosofi) faticano ancora ad accettare l'idea che la morte non esiste, mentre paradossalmente sono disposti a credere a precetti e superstizioni di stampo medioevale che assicurano un posto tranquillo nell'aldilà  al riparo dalle fiamme dell'inferno eterno. Con queste paure, per secoli ed ancora oggi, le coscienze di interi popoli sono state manipolate e soggiogate a vantaggio dei potenti di turno.

Il principio secondo il quale "nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma" ancora oggi fatica ad attecchire persino in alcune comunità scientifiche, anche se ristrette. A dimostrazione che l'apertura mentale e l'intuizione, sono tutt'altra cosa rispetto al mero e mnemonico studio accademico.

Per comprendere il significato ed il perché della morte fisica, cioè dell'abbandono di quell'abito ormai logoro da dismettere chiamato corpo, bisogna risalire a quell'atto creativo da cui tutto è iniziato, quel big bang o comunque definito.


Quell'eterno attimo dilatato in un tempo infinito che non avvertiamo perché rallentato rispetto alla nostra percezione, ma costantemente in atto entro cui avvengono gradualmente evoluzioni spirituali e trasformazioni fisiche delle singole specie compresa quella umana. E' come una goccia che cadendo in uno stagno genera quelle increspature sulla superficie che si allargherebbero all'infinito in assenza di limiti, attrito e gravità.
Tra quelle increspature, nell'intervallo di quelle frequenze, ci siamo noi ed il nostro livello evolutivo.
Il ciclo di morti e rinascite serve proprio a questo affinché l'uomo impari dai propri errori ed acquisisca esperienza, conoscenza e sapienza ad ogni passaggio terreno, per ritrovare la vera essenza del proprio essere ed accedere a "frequenze più sottili" di purezza più elevata. Questo pensiero si sposa perfettamente anche con la  scienza e in particolare con la teoria Darwiniana, sulla evoluzione delle specie, che a giudicare dai mutamenti progressivi verificati dalle osservazioni antropologiche e naturalistiche, più  che una teoria si potrebbe definire  una certezza. Se questa teoria è corretta, il destino del futuro dell'universo e quindi anche dell'uomo che ne fa parte, è già stato scritto sin dal suo inizio. Basterebbe comprimere lo spazio-tempo per leggerne i segreti.



 

Immagini prese dalla rete

martedì 16 dicembre 2014

ACCADDE UN GIORNO QUALUNQUE. . . . . .





. . . . . , una sera normale di un giorno normale come tanti.
Anthony era tornato a casa, dopo una piacevole serata trascorsa tra amici come tante altre volte. 
Si era fatta mezzanotte e si preparava per mettersi a letto.
Mentre infilava le pantofole e riponeva gli indumenti, fu preso da una certa inquietudine di cui non riusciva a coglierne l'origine.
Si stese sul letto e spense la luce del lume che stava alla sua destra, e rimase con gli  occhi aperti al buio guardando il soffitto.

Dopo qualche istante accadde qualcosa d'incredibile: il suo corpo cominciò a vibrare, come colto da un tremito continuo e  subito dopo, nel tentativo di girarsi, si accorse che i suoi arti non rispondevano più agli ordini del cervello. Era come immobilizzato, paralizzato dalla testa ai piedi, ed il sangue gli si gelò nelle vene. Era pienamente cosciente, voleva gridare per chiedere aiuto, ma dalle sue labbra non uscì un filo di voce. Fu assalito dal panico, gli mancava l'aria e voleva raggiungere la finestra per aprirla e prendere una boccata di respiro, ma niente, nemmeno un piccolo movimento. Ma non era finita qui.

Qualcosa di straordinario si stava materializzando nella stanza:
una specie di pulviscolo luminoso, composto da miliardi di puntini di luce, iniziò a roteargli intorno come uno sciame di api, assumendo via via l'apparente consistenza e colore  di quelle nebulose del cosmo composte da gas interstellare, fotografate dai telescopi spaziali, con i riflessi di colore tendenti al violetto.
A quel punto gli interni della sua camera da letto erano spariti   dalla sua vista, ed in   quel preciso istante  realizzò di possedere un'anima. 
Una forza indescrivibile esercitò su di lui un potere di attrazione tale da strappargli letteralmente l'anima dal corpo, attraverso quella zona del petto che alcuni usano definire plesso solare.  E’ come se venisse asportato  qualcosa che è legato intimamente al proprio corpo e che ne è parte integrante, come un vero e proprio organo interno.
Era convinto che stesse per morire, anzi; che fosse già morto. Pertanto oppose una strenua e disperata resistenza a quella "morte" improvvisa ed  assolutamente inattesa che lo fece aggrappare a "questa vita" con tutte le sue forze.
Nel frattempo quella nebulosa, continuando a roteare lentamente, si era trasformata in un tùrbine, e lui, o meglio, la sua anima, si ritrovò dentro, tanto da vederne l' imboccatura dell'altra estremità.
D'un tratto si trovò proiettato nello spazio cosmico, senza saper dire dove.
La lucidità della sua coscienza era diventata massima, di una straordinaria chiarezza mai sperimentata prima di allora, da non riuscire a trovare le parole per descriverla. 
Ed anche la sua vista era diventata straordinaria. Non più costretta nei sensi del corpo fisico, riusciva a vedere a 360 gradi, anzi di più, vedeva in modo globale in tutte le direzioni contemporaneamente..
In verità, vista e coscienza erano diventate un tutt'uno senza distinzione.
Ebbe la percezione di una forza attrattiva, come quella che  un magnete esercita su di un pezzo di ferro, provenire da alcuni punti luminosi nello spazio. Esattamente  simili a come vediamo le stelle nel cielo ed interpretati dalla sua coscienza come delle vere e proprie "Entità".
Ognuna di queste Entità possedeva la propria particolare energia, che trasmetteva  telepaticamente alla sua coscienza, e quest’ultima ne riconosceva le singole intensità e qualità contemporaneamente, ricevendone delle vere e proprie sensazioni  fisiche.
Poco dopo di colpo rientrò in sé.
Era confuso, e allo stesso tempo stremato e terrorizzato.
Si sedette sul bordo del letto, stanco e smarrito come per un lungo viaggio nell'ignoto, e profondamente turbato per  la portata di ciò che aveva vissuto.
Anthony custodì gelosamente e per lungo tempo il segreto su questa esperienza, poi un giorno, per caso, gli capitò  tra le mani un libro, la cui copertina raffigurava esattamente quel vortice, con forme e colori che lui stesso aveva vissuto. 
Altri evidentemente avevano fatto la sua stessa esperienza.